Il fratello by Jo Nesbø

Il fratello by Jo Nesbø

autore:Jo Nesbø [Nesbø, Jo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 2020-10-08T12:00:00+00:00


29.

Nelle ore che avevo dedicato alla Saab Sonett avevo appreso un paio di cosette. Non solo che il motore era montato all’incontrario, ma anche che i freni erano piú semplici. Le macchine moderne hanno un doppio sistema frenante, di modo che se si taglia uno dei tubi, i freni continueranno a funzionare, almeno su due ruote. Sulla Sonett, invece, basta tagliare un unico tubo e – voilà – ti ritrovi con un cassone incontrollato che se ne va di qua e di là, una mina vagante. E mi resi conto che quasi tutte le vecchie macchine erano cosí. Compresa la Cadillac de Ville del 1979 di papà.

Quando non sono le solite malattie a ucciderli, gli uomini delle nostre parti muoiono per strada a bordo di una macchina, oppure nel fienile all’estremità di una corda o della canna di un fucile. Ero venuto meno alle aspettative di papà quando mi aveva dato l’occasione di usare il fucile, e forse sapevo anche che non me ne avrebbe concessa un’altra. Che ora dovevo trovare il modo da solo. E una volta finito di riflettere, ero sicuro che la soluzione fosse quella giusta. Non avevo pensato alla storia del capitano che doveva affondare insieme alla sua nave né a nulla del genere, soltanto alle cose strettamente pratiche. Su un incidente d’auto non avrebbero indagato come su un uomo a cui avevano sparato in testa, o cosí mi illudevo. E non sapevo come attirare papà nel fienile e sparargli senza che almeno mamma capisse. E col cazzo che avrebbe mentito alla polizia se l’uomo senza il quale non poteva vivere fosse stato ucciso. «Ecco, come madre non sono granché». Ma sabotare i freni della Cadillac era facile. E quello che sarebbe successo era facile da prevedere. Ogni mattina papà si alzava, governava le capre, si preparava il caffè e stava a guardare in silenzio mentre Carl e io facevamo colazione. Dopo che eravamo andati via in bicicletta – lui a scuola, io in officina – papà montava nella Cadillac e scendeva giú in paese a ritirare la posta e a comprare il giornale.

Teneva la Cadillac al riparo nel fienile e lo avevo visto ripetere quelle manovre un’infinità di volte. Metteva in moto, accelerava e – a meno che non ci fosse neve sulla strada – non toccava i freni né sterzava prima di doverlo fare per forza all’imbocco della curva delle Capre.

Cenammo in sala da pranzo e poi dissi che andavo ad allenarmi con il sacco.

Nessuno commentò, mamma e Carl spazzolarono quel che restava nei piatti, ma papà mi lanciò un’occhiata interrogativa. Forse perché né lui né io avevamo l’abitudine di annunciare ad alta voce quello che intendevamo fare, lo facevamo e basta.

Portai con me la borsa da palestra con gli attrezzi che avevo preso in officina. Il lavoro fu un po’ piú complicato del previsto, ma dopo una mezz’ora ero riuscito ad allentare la vite e il bullone che fissano l’albero dello sterzo alla cremagliera, avevo praticato due buchi al tubo dei freni e raccolto il liquido in un secchio.



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